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giovedì 27 marzo 2008

* I giorni del delfino... qualche appunto per chi volesse saperne di più

incontrati in traversta al largo della Corsica
Dal libro appena letto, qualche riga che ho annotato...

Non sono una biologa marina, né ho nessun titolo simile, per cui tutto quello che segue risulta dalle mie letture: se qualcuno dovesse cogliere delle inesattezze o volesse apportare dei contributi ne sarò felicissima, mi permetterà di imparare meglio e di più.

I delfini oggetto di studio di Norris sono le Stenelle dal lungo rostro (stenelle longirostris) presenti alle Hawaii.

La paura della morte
"[...]I delfini in situazioni strane possono lasciarsi sopraffare completamente dalla paura. Detestano passare attraverso spazi stretti, anche se possono vedere dall'altra parte i loro compagni, oppongono resistenza, anche se lo hanno fatto già mille volte e sempre a gran velocità. In qualche modo c'entra la paura della morte[...]"
Queste considerazioni si riferiscono all'osservazione fatte durante un soggiorno su un peschereccio per trovare una soluzione all'altissimo numero di delfini morti durante la pesca dei tonni. I delfini, seguiti dai tonni, permettono ai pescatori di individuare i banchi e finiscono nelle reti a circuizione, restando in stato catatonico, immobili, nella parte bassa della rete: pur avendo la possibilità di saltare al di là della rete attraverso uno spazio creato appositamente dai ricercatori, non lo facevano.

La comunicazione e la pesca
I delfini emettono una serie di suoni diversi, schiocchi, fischi, click di ecolocalizzazione, che hanno diverse funzioni. Secondo gli studi effettuati da Norris gli schiocchi e i click sono emessi in fasci direzionali e utilizzati per localizzare il cibo o i predatori, mentre i fischi, che non sono direzionali, sono dei richiami di contatto, denunciano la propria identità, posizione e condizione agli altri.
Ogni delfino sviluppa un suo fischio particolare man mano che cresce. I fischi della madre e del piccolo presentano delle analogie, ma non sono confondibili. Inoltre il fischio può essere modulato per assumere diversi significati: uno studio ha rivelato che due delfini posti sotto osservazione si chiamavano tra di loro con i fischi, sebbene avessero entrambi richiami differenti, tendevano ad imitarsi; il primo delfino lanciava un richiamo e il secondo dava la sua versione dello stesso richiamo aggiungendo di suo quanto bastava perché la sua identità risultasse riconoscibile.
Questo sistema di comunicazione è detto fàtico; fra gli animali gregari certi suoni costituiscono una forte comunicazione, un complesso di legami che intercorrono tra tutti gli individui secondo cui ogni esemplare in ascolto può stabilire le condizioni fondamentali del gruppo (come per esempio condizioni e identità di notte, nel buio o a notevole distanza), in modo da reagire in maniera adeguata.
Durante la notte, che è un momento di forte interazione sociale ed è il tempo dedicato all'alimentazione, i delfini emettono numerosissimi suoni. I gruppi nuotano in schemi ordinati e il sincronismo notturno è possibile grazie ai fischi, mentre la localizzazione del cibo e di eventuali predatori è possibile attraverso i click direzionali.
Tutti gli odontoceti, e quindi i delfini, si servono dei suoni anche per catturare le prede: le investono con dei forti click, in alcuni casi sbattono le mandibole, cosa che fanno anche quando si sentono minacciati, dunque per difesa.
Una facoltà esclusiva dei mammiferi e degli uccelli è la protezione delle orecchie da suoni intensi grazie a dei minuscoli ossicini presenti nell'orecchio medio; le fibre muscolari ad essi collegate sono in grado di interrompere il sincronismo della concatenazione di quegli ossicini in un millesimo di secondo: quando un suono troppo acuto colpisce un uccello o un mammifero, in quel millesimo di secondo il suo udito cessa di funzionare per riprendere solo quando le fibre muscolari dell'orecchio medio si rilassano. Pesci e squali sono privi di questo sistema e non hanno il riflesso protettivo, per cui i suoni acutissimi emessi dai cetacei possono avere un effetto distruttivo o per lo meno dissuasivo.
Ci sono cetacei che possono emettere suoni di incredibile intensità: alcuni schiocchi emessi dai tursiopi risultano talmente forti da raggiungere quello che viene detto il "limite finito del suono", cioè il valore massimo oltre il quale una maggiore energia nella produzione dei suoni produce semplicemente calore, anziché aumentarne l'intensità.

Nelle ore diurne, in fase di riposo, i delfini sostano preferibilmente in acque chiare e tranquille, perché si affidano, per difendersi, alla vista e non all'ecolocalizzazione, emettono infatti pochissimi suoni, solo una serie di schiocchi discontinui e a volte un fischio. Per lo più regna il silenzio. Per questo motivo i gruppi in riposo nuotano molto vicini uno all'altro: devono potersi vedere bene.
Il gruppo costituisce un rifugio, il banco unito garantisce l'anonimato e protegge dagli attacchi dei predatori naturali, orche, pesudorche e squali (strategia dei pesci).
Quando si svegliano (i delfini non dormono come noi, riposano, ed è stato osservato che spesso tengono solo un occhio aperto) pian piano i suoni aumentano: ondate di schiocchi, ripetutamente interrotti da fischi, strida rauche, suoni metallici e muggiti.

Il respiro

I delfini, respirano attraverso uno sfiatatoio posto nella parte più alta della testa.
Si aprono una "strada" espirando nell'acqua un istante prima di forarne la superficie. L'aria esalata, che nel caso di alcuni cetacei viaggia a 320 km orari, è usata per creare uno spazio vuoto in cui il delfino comincia la sequenza di inspirazione. In questo modo possono respirare anche quando il vento riempie l'aria di schizzi. In caso di tempesta, con vento di 60 nodi (circa 120 km orari) balzano fuori dall'acqua in superficie per respirare a metà del salto.
I delfini, a differenza degli uomini, ad ogni respiro ricambiano completamente l'aria nei polmoni; l'espirazione avviene in circa 3/10 di secondo, le inspirazioni durano circa due volte di più dell'espirazione esplosiva. Tuttavia non importa se un po' d'acqua entra nell'angolo dello sfiatatoio.

I cuccioli e le strategie per nuotare velocemente

Gran parte dei banchi percorre oltre 60 km al giorno. Come può un delfino neonato compiere un'impresa simile?
La madre non può abbandonare il banco, che è il suo scudo protettivo.
I delfini neonati si collocano al di sopra della madre, vicino alla testa, di fronte a quello che è il diametro maggiore del suo corpo. L'acqua che scorre lungo il corpo della madre si incanala tra il suo fianco e il piccolo: si produce un effetto che tiene insieme madre e figlio mentre l'acqua scorre tra loro, premendo la pinna pettorale interna del piccolo contro il rigonfiamento del corpo della madre, in modo che questa nuotando lo trascina con sé (effetto Bernoulli, lo stesso che solleva le ali degli aerei).
A volte il piccolo procede senza neppure muovere la coda.
I piccoli delfini si servono di questo comodo "mezzo di trasporto" solo quando la madre nuota molto velocemente, o forse quando sono stanchi. Nella maggior parte dei casi, quando il banco se ne va qua e là a 4/6 km orari, i piccoli nuotano in giro dando fastidio agli adulti e attirandosi i rimproveri della madre, sempre attenta, in genere un colpo con la coda.
Di solito stanno poi dietro alle madri, sotto la loro arma più potente, la coda, vicinissimi alla punizione ma anche alla protezione; anche in questa posizione non vengono mai persi d'occhio, dato che i delfini hanno un'ottima visuale posteriore.

4 commenti:

Viviana B. ha detto...

Che creature fantastiche!
Sono estasiata da quanto hai scritto e sempre più convinta dell'assoluta necessità di provare, per quanto possibile, a difendere questi animali!
Avevo letto anch'io (su una rivista scientifica) della capacità dei delfini di riposare con un occhio solo e, infatti, si asseriva che spesso durante il sonno stessero affiancati, così da avere i due occhi vigili all'esterno ed i due occhi "addormentati" rivolti l'uno verso l'altro...
Non sono riuscita a rintracciare l'articolo, ma in alternativa ti "regalo" questo.
Un bacio!

Valeria, Marco e Sara, i Maramei ha detto...

@Viviana! grazie! questo mi mancava... lo metto subito tra i preferiti...
un baciotto a te :o)

enza ha detto...

l'ho letto d'un fiato.
bellissimo.
e interessante la spiegazione sulla respirazione!

Valeria, Marco e Sara, i Maramei ha detto...

Anche io non ne sapevo nulla del loro modo di respirare... contino a studiare...
la prossima volta le balene!